Macigno #2

Secondo anniversario di quello che mai avrei pensato potesse succedere. 
La vita è imprevedibile, dicono, e io ne ho le prove nel bene e nel male.
Direi che c'è poco da dire in questa ricorrenza se non che novembre porta nell'aria una particolare e desolante tristezza, anzi arriva già da Halloween.
Sono due anni che non ci sei più e io ancora mi chiedo cosa doveva frullarti in quella testa e quanto ti sarei sentito solo e inutile e impotente per fare il gesto che hai fatto.


Poi riguardo le foto come questa e non mi spiego come due tipine come loro non ti abbiano fatto desistere: cosa stavi pensando, cosa stavi passando, quale era il pensiero che non se ne andava, cosa c'era di così grosso da non poter essere superato.
Le persone continuano a rispondermi che chi non ci è passato non può capire lo stato mentale, non si può immaginare l'annientamento che produce la depressione. Io non riesco a pensare a nulla che potrebbe portarmi così in basso.
Questo non capire mi spaventa e non ho mai fatto mistero che mi spaventa per le mie figlie, mi spaventa ancor di più il fatto che potrebbero non imparare a cadere e rialzarsi, il fatto che non riesca a mostrare loro quella fiducia che serve per potersi aprire liberamente senza temere conseguenze, qualsiasi cosa sia successa.
Parlo con loro costantemente, cerco di spiegarmi, cerco di fargli capire che anche la più grossa cazzata del mondo può essere rimediata se se ne parla, ma di mostri da combattere ne abbiamo tanti.
Spesso risulto tediosa col risultato che non sono certa che mi ascoltino.
Il primo mostro fra tutti è che Sofia è più grande di quel che in realtà è, attinge quindi ad un sacco di informazioni in più rispetto la sorella, perché rileva molti più dettagli di quel che dovrebbe e rielabora nella sua maniera che non sempre è corretta.
Ilaria è molto più pratica, tipico delle bambine della sua età, non che non soffra ma probabilmente ha trovato la chiave di volta per elaborare il suo dolore. Sofia non ha trovato ancora il modo giusto.
Sofia è convinta che lei sia uno strumento per la felicità degli altri e io le ripeto ossessivamente che non deve fare le cose per farci felici, ma deve essere egoista e fare quello che fa essere felice lei.
E' un discorso difficile da assimilare quando tutto intorno ci sono tanti stimoli contrastanti.
Sabato abbiamo un altro incontro con la psicologa, questa volta è singolo, solo Sofia.
La sera ci sarà la messa per l'anniversario.
Ogni azione determina una reazione e per noi tante conseguenze.
La rabbia si è un po' attenuata e ha lasciato spazio alla rassegnazione anche se continuo a non capire..

Commenti

  1. Non credo potrai mai capire... Io ammetto che un pochino capisco.
    Non so come sia per le bimbe, ma ora che ci sto in qualche modo passando, la terapia è emotivamente devastante.
    Credo tu abbia ragione a non volerle tenere in un modo ovattato dove tutti le considerano "poverine" dovrebbero vivere un'infanzia normale, per quanto possa essere normale un'infanzia senza papà

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    1. Sì la terapia smuove tante cose e ha comunque conseguenze imprevedibili, di positivo c'è che si manifestano in qualche modo (es. Sofia che mangia la gomma da cancellare o che si tagli ai vestiti) è comunque una cosa buona perché non rimangono represse. Il problema è poi comunque limitare questi comportamenti compulsivi e sradicare ciò che li crea. Un bacio Nia, se vorrai "fuggire" per un po' qua la porta è sempre aperta.

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  2. Non sono sicura di poter capire come ci si sente prima di arrivare a certi gesti.

    So di sicuro come ci si sente ad essere "abbandonati", "soli", ma questo è un altro discorso.

    Riguardo Sofia (che non conosco, quindi, questo mio commento lascia il tempo che trova).

    Tu scrivi:
    Sofia è convinta che lei sia uno strumento per la felicità degli altri e io le ripeto ossessivamente che non deve fare le cose per farci felici, ma deve essere egoista e fare quello che fa essere felice lei.

    È una cosa che capisco, da madre. Io vorrei che i miei figli siano felici. Però, ci sono bambini/persone che sono più contente a sentirsi in grado di fare felici gli atri. Non dico che siano uno strumento, ma dico che loro sono più felici se possono fare in qualche modo felici gli altri.

    Io sono così un po', mio figlio è così. Lui era sempre contento di essere in compagnia e di fare cose con gli altri bambini, fare cose "assieme". Anche mia figlia, ma mio figlio un ordine di grandezza di più.

    Comunque, il peso che stanno portando le tue figlie non è da poco, è brutto perdere un genitore, in quelle circostanze poi. Spero che riusciate a trovare la strada.

    Un abbraccio,

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    1. Ci ho riflettuto anche io se forse la sua vera felicità fosse nel far felice gli altri ma.. siamo arrivati alla conclusione che lei ha un carattere accomodante e in base alla persona con cui è dice fa delle cose. Per esempio: al nonno piacerebbe che loro riprendessero danza (andrebbe bene qualsiasi sport ma si vede c'è una propensione per la danza) e Sofia quando è dai nonni dice di voler provare danza. Con me dice che vuol andare a Triathlon perché sa che è una cosa che al momento mi appassiona (lei che nuota a pelo, teme la bici e correre proprio no), coi miei dice che vuol nuotare (sa che mio babbo con me era fissato che io nuotassi). Insomma abbiamo capito che è un meccanismo per veder sorridere anziché piangere annientando i suoi desideri. Ilaria ha ammesso che non vuol fare un bel niente!

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    2. Capisco meglio, dalle tue parole, a cosa ti riferisci.
      Se intendo bene, io allora non direi che lei si sente uno strumento per far felice gli altri, invece sente pressione dagli altri (indipendentemente che le venga fatta o no, suppongo tu non la forzi di andare a triathlon!) e risponde dicendo "Ok, bello, lo voglio fare!" ma (magari) solo per momentaneamente allentare la pressione che sente. Oppure, che vuole che qualcuno la abbracci e le dica "Brava bimba!" e quindi pensa che, se afferma qualcosa che non vuole ma sa che l'interlocutore vuole, ottiene il suo abbraccio. Se questo fosse il meccanismo, lo farebbe più per lei che per l'altro. Boh.

      Mio figlio quando gli dico "Leggi il libro per la scuola!" mi dice "Sì, OK!" e non legge: io gli faccio pressione, lui dice sì così io momentaneamente smetto.

      Va beh, scusami, è comunque tutto per parlare, tu conosci meglio tua figlia e la vedi in un tutto tondo, mentre io so solo quello che scrivi e posso farmi un'idea molto parziale, inoltre non sono nemmeno una psicologa!

      Dai, coraggio: fai bene a fare come fai, vedrai che il fatto che le stai dietro farà la differenza...

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    3. Ho capito cosa intendi, sicuramente riceve pressioni da tutti. Io attualmente premo per non farle far nulla semplicemente perché non la vedo convinta. Onestamente tiro fuori il meno possibile la storia dello sport e anche lei in queste circostanze eviata.

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  3. Credo che la virtù stia nel mezzo (mi riferisco a il voler far star bene gli altri di Sofia e il pensare alla propria felicità che proponi tu: in entrambi i casi, i due atteggiamenti, risulterebbero dannosi).
    Sul fatto di non farsi abbattere dalle avversità, che a ogni cosa c'è rimedio, credo che le tue bimbe, da come le descrivi, lo stiano mostrando nei fatti (fai bene a ripeterglielo, ma "fidati" di loro, sono state fantastiche).

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    1. Si il giusto è sempre nel mezzo anche se raramente si raggiunge l'equilibrio. Mi fa rabbia soltanto vedere che una bambina annienti il suo io per vedere gli altri sorridere, per carità magari da la carica anche a lei ma io vorrei semplicemente che non si auto limitasse.

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    2. Forse perché Sofia cambi il "faccio così perché gli altri sorridano" ....è il mondo adulto che le sta accanto che dovrebbe cambiare la domanda/aspettativa
      Mi spiego forse gli adulti vicini non sono ancora riusciti ad elaborare completamente il vissuto della "scelta" paterna e per non soffrire ancora una volta senza rendersene conto inducono Sofia a dare risposte positive e accondiscendenti . I bimbi se ipersensibili si adeguano per non soffrire a loro volta direi necessaria la presenza di adulti più sereni perché forti e alleggeriti dal senso di colpa nella consapevolezza che non erano responsabili di chi non ha chiesto aiuto e ha "scelto"
      Spero di non essere stata inopportuna o di aver ferito

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    3. Lo penso tanto anche io e, mentre nel nostro piccolo stiamo facendo il nostro lavoro interiore con l'aiuto della psicologa, alla mia proposta ai nonni di provare a parlarne con qualcuno la risposta è stata "io non ho bisogno", nonostante abbia già una diagnosi di bipolarismo. Alla richiesta specifica "se non hai bisogno tu fallo per le bambine, per capire come affrontare certe domande", la risposta è stata la stessa "io non ho bisogno". Il fatto è che in questo caso dovrei evitare certi rapporti "malati" ma non è ciò che vogliono le mie bimbe..

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  4. Già questa foto mi mette una tristezza infinita se penso a come sono andate le cose...Per Sofia credo che molto sia carattere, e poi ci sia tanto altro ma con il lavoro che state facendo credo sia tutto affrontabile e superabile...❤️❤️❤️

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